Il safari in Tanzania ha corrisposto per me e Anna con un’occasione incredibilmente speciale, la nostra luna di miele! Grazie all’impeccabile organizzazione di Kipepeo Experience, questo viaggio è stato qualcosa di unico e incredibile, con la chicca della visita a un villaggio Masai nell’ultima giornata.
Perché innanzitutto abbiamo scelto proprio la Tanzania? Il safari in Africa rappresentava un sogno per entrambi e allora ci siamo messi a cercare sul web le zone consigliate per farlo in agosto e diversi siti concordavano sul fatto che la Tanzania potesse essere tra le nazioni migliori. In più, volendo poi proseguire il nostro tour in un’isola oceanica, quale occasione più ghiotta per visitare Zanzibar (arcipelago facente parte proprio di quello stato)?
Così, cercando informazioni su Internet, ci siamo imbattuti negli articoli di Giulia Raciti (in fondo al post, trovate il link alla sua guida su come organizzare il safari in Tanzania), una giramondo che ha fondato il tour operator di cui abbiamo accennato nelle prime righe e, in poco tempo, siamo riusciti a organizzare il nostro viaggio di nozze.

Tarangire, Ngorongoro e Serengeti sono pian piano diventati nomi sempre più familiari e, una volta là, siamo rimasti rapiti da quei tanto selvaggi quanto incantevoli luoghi. Animali da tutte le parti, zebre, gazzelle, giraffe, elefanti, leoni, leopardi, ghepardi, ippopotami e non solo, ci hanno tenuto compagnia per diversi giorni, regalandoci un’esperienza pazzesca.
Molto interessante anche la giornata trascorsa al villaggio Olpopongi dei Masai, situato di fronte all’imponente monte Kilimangiaro, in cui abbiamo appreso molte nozioni sulla cultura di quel popolo, partecipando in prima persona ad alcune attività.

Dai… che cosa ne dite, non è ora di terminare l’introduzione e partire per il nostro meraviglioso racconto tra queste terre dell’Africa centro-orientale? Buona lettura a tutti e… jambo!
Safari in Tanzania: il nostro itinerario
- 9 agosto 2023: Arrivo in Tanzania – Transfer per Arusha – Notte ad Arusha (Ambureni Coffee Lodge)
- 10 agosto 2023 – Game drive nel Tarangire – Notte a Karatu (Bougainvillea Safari Lodge)
- 11 agosto 2023 – Game drive cratere Ngorongoro – Notte nel Serengeti (Hippo Trails tended camp)
- 12 agosto 2023 – Serengeti centrale game drive – Notte nel Serengeti (Hippo Trails tended camp)
- 13 agosto 2023 – Serengeti game drive di mezza giornata – Guida fino a Karatu (Marera Valley Lodge)
- 14 agosto 2023 – Karatu – visita ad Arusha – Villaggio Olpopongi – Cena con i Masai
- 15 agosto 2023 – Camminata con i Masai e visita al loro museo – Transfer per l’aeroporto
Arrivo in Tanzania e notte ad Arusha (giorno 1)
Emozionati come non mai per la nostra prima esperienza africana, siamo partiti dall’aeroporto di Malpensa verso le 22.30 e, dopo circa 6 ore e mezzo di volo, siamo giunti ad Addis Abeba intorno alle 6 dove, esattamente come in Tanzania, vige un’ora in più rispetto al fuso orario italiano.
Dopo un’attesa di circa 4 ore e trenta minuti nella capitale etiope, siamo ripartiti e verso le 13.15 siamo atterrati presso l’Aeroporto Internazionale del Kilimangiaro, dove siamo stati protagonisti di una piccola e temporanea disavventura.
Gli addetti dell’Ethiopian Airlines si erano infatti scordati di inviare alcune valigie da Addis Abeba alla Tanzania e tra questi bagagli c’era anche quello di Anna. Dopo una lunga attesa, capendo che della valigia non c’era ombra, abbiamo compilato il form dei bagagli dispersi, raggiungendo qualche minuto dopo il nostro driver un po’ scossi.

Alla fine tutto è andato bene e il giorno dopo, al rientro dal game drive al Tarangire National Park, la valigia ci è stata recapitata dal personale del nostro lodge. Negli zainetti avevamo comunque messo entrambi un ricambio e quindi, fortunatamente, Anna non ha dovuto indossare i miei vestiti di dieci taglie più grandi!
Nel frattempo siamo arrivati all’Ambureni Coffee Lodge, un posticino delizioso e molto intimo, situato a Nkoanrua, cittadina distante poco più di 15 km da Arusha (A-town nello slang locale), capoluogo dell’omonima regione posta nel nord della nazione.

L’ottima accoglienza, il buon cibo e l’eleganza della location ci hanno subito colpito, facendoci dimenticare immediatamente la stanchezza post viaggio e il problema del bagaglio. Per cena abbiamo iniziato con una deliziosa zuppa a base di zucca, brodo di pollo e cipolle, proseguendo con pesce fritto accompagnato da riso, verdure e una buonissima salsa di pomodoro e piselli, prima di concludere con una fetta di torta al cioccolato.
Game drive nel Tarangire (giorno 2)
Dopo una notte di buon riposo, abbiamo iniziato la nuova giornata con un’ottima colazione preparata con prodotti locali: frutta, pancake di carote, omelette con marmellata fatta in casa al gusto banana e passion fruit. Il personale della struttura ci ha salutato lasciandoci una prima lista delle espressioni più comuni in swahili, come asante sana, che significa grazie mille, e karibu che significa prego, ma anche benvenuto.
A questo punto abbiamo conosciuto Pius, la nostra guida della Kiboko Explorer (tour operator tanzaniano nella cui fondazione, Giulia Raciti ha aiutato Wiliam, il proprietario), che ci ha accompagnato in tutto il safari. Così siamo saliti per la prima volta sulla nostra jeep e ci siamo diretti verso il Tarangire National Park, il sesto parco più esteso della Tanzania.

Il tragitto è durato circa due ore, durante le quali abbiamo potuto osservare il paesaggio circostante: la strada principale che percorrevamo era asfaltata, mentre le strade secondarie erano tutte sterrate. Inizialmente abbiamo incontrato diversi villaggi, caratterizzati da molto movimento, numerose persone per la strada e molte attività commerciali svolte all’aperto, come le riparazioni meccaniche, qui molto diffuse, e la vendita di cibo, vestiti e piante, ma anche porte e mobili.
Successivamente abbiamo incontrato piantagioni di caffè e di banani, e gruppi di bestiame,
mucche o capre, condotti al pascolo lungo la strada. A un certo punto Pius si è fermato per acquistare due pannocchie arrostite da farci assaggiare, davvero buone come spuntino!
Avvicinandoci al parco, il paesaggio è diventato più arido, attraversato da solchi di fiumi in secca e alcune pozze d’acqua. Abbiamo anche potuto scorgere da lontano i primi villaggi masai, come quello che avremmo visitato nei giorni seguenti.

Arrivati all’ingresso del parco, abbiamo subito notato un grande baobab che accoglie i visitatori, molte ossa e teschi di animali e un termitaio abbandonato. A questo punto la nostra guida ha aperto il tettuccio della jeep, permettendoci di stare in piedi per guardare fuori, e siamo entrati nel parco.
Il primo animale che abbiamo scorto è stata una gazzella, ci siamo subito emozionati, senza sapere che poco dopo ne avremmo viste moltissime! Il paesaggio era composto prevalentemente di baobab e acacie, mentre tra gli animali abbiamo incontrato gnù e zebre in grande quantità. Ci siamo anche fermati vicino a un laghetto a osservarli mentre facevano il bagno.


Poco dopo abbiamo visto un gruppo di elefanti che stava mangiando, tra cui un cucciolo ancora molto piccolo. È stato emozionante poter vedere questi animali in libertà per la prima volta nella nostra vita, ci sembrava di essere entrati in uno dei documentari di Piero Angela che guardavamo in televisione da bambini! Mentre scattavamo foto e video, Pius ci dava molte informazioni sugli animali e sulle loro abitudini.
Un altro nuovo incontro ha riguardato i babbuini, radunati sotto un albero e intenti nell’attività di grooming, poi un facocero e infine una giraffa. A questo punto ci siamo fermati presso l’area picnic per il pranzo: il nostro Lodge ci aveva fornito le lunch box e Pius ci ha avvertito di non lasciar aperte le scatole mentre mangiavamo, perché le scimmiette si avvicinavano e aspettavano l’occasione per rubare il cibo.

Il pranzo era molto vario, in particolare abbiamo apprezzato i samosa ripieni di carne, il succo tropicale e un dolce fatto di datteri e ricoperto di cioccolato. Il tutto accompagnato dalle birre che Pius si era fermato ad acquistare apposta per noi! Da lì era anche possibile ammirare dall’alto il corso del maestoso fiume Tarangire, che dà il nome al parco.
Dopo la sosta, abbiamo ripreso il tour e trovato un gruppo di elefanti vicino a un laghetto, intento a giocare e fare bagni di fango. Poco lontano abbiamo notato molte jeep radunate in un punto, ci siamo avvicinati e, seduto sotto un albero, abbiamo scorto un meraviglioso leopardo! Così abbiamo potuto vedere il nostro primo felino.

Molto soddisfatti, abbiamo proseguito tra antilopi, struzzi, uccellini variopinti e anche uno sciacallo, fino al momento di tornare verso l’uscita del parco. Qui abbiamo fatto tappa in un negozio che vendeva monili confezionati da donne masai, dove abbiamo acquistato alcuni regali da portare agli amici, cimentandoci per la prima volta nella contrattazione.
Prima di arrivare al Lodge, ci siamo fermati ad ammirare il paesaggio in un punto panoramico da cui si poteva vedere il Lake Manyara, davvero bello alla luce del sole che stava iniziando a calare.
Siamo infine arrivati al Bougainvillea Safari Lodge, una struttura bellissima con piscina, e ci siamo sistemati nel nostro bungalow. Lì prima di cena abbiamo avuto la bella sorpresa: hanno recuperato la valigia e ce l’hanno riconsegnata!

Felicissimi, siamo andati a mangiare: antipasto di carote, zuppa, e poi un piatto composto a self-service con carne, riso e verdure. Dopo la birra Safari, qui abbiamo provato la Kilimanjaro! Abbiamo riposato molto bene, nel letto a baldacchino circondato da zanzariere.
Game drive cratere Ngorongoro e arrivo nel Serengeti (giorno 3)
Colazione alle 6.30 e ritrovo con Pius nel parking del Lodge verso le 7… così è iniziata la nostra epica e indimenticabile giornata alla scoperta di Ngorongoro e Serengeti. In circa 20 minuti di jeep abbiamo raggiunto il gate dell’area di conservazione di Ngorongoro, un’area naturale protetta il cui cratere è la più grande caldera intatta del mondo.

Patrimonio UNESCO dal 1979 e posta a 2.200 metri di altitudine, questa zona racchiude una miriade di animali come non ne avevamo mai visti. A inizio salita siamo stati accolti da una fitta nebbia ma, sulla strada forestale, abbiamo comunque visto prima una placida famiglia di bufali e poi un meraviglioso esemplare di leopardo femmina.
Giunti in vetta, la foschia ha iniziato a diradarsi e nell’arco di un paio d’ore ha lasciato spazio al sole. Entrati nel cratere, oltre agli animali già ammirati in precedenza, abbiamo incontrato leoni, gazzelle, fenicotteri rosa, iene e ippopotami.

Partendo dai leoni, ci siamo innanzitutto imbattuti in un gruppo di quattro leonesse addormentate e, in seguito, in un altro gruppetto di tre maschi e due femmine intenti a mangiare avidamente, guardati a vista da uno sciacallo, un avvoltoio e quattro iene.
Durante la pausa pranzo, in un’area picnic, è stata invece l’ora degli ippopotami. Uno era sdraiato sull’erba davanti a noi a prendere il sole, mentre gli altri sono rimasti nell’acqua per tutto il tempo. Pius ci ha poi portati anche al limitrofo lago salato, dove erano presenti numerosi fenicotteri rosa (da me già ammirati durante il viaggio in Uzbekistan).

Usciti dal Ngorongoro, lungo la strada verso il Serengeti, ci siamo fermati presso un’area di sosta denominata “Olduvai Gorge” (foto sopra), conosciuta anche come ‘culla dell’umanità’, visti i ritrovamenti di antichissimi resti di ominidi. La semidesertica gola di Olduvai, sito archeologico scoperto nel 1911 dall’entomologo tedesco Wilhelm Kattwinkel, ha colpito anche la fantasia di scrittori e sceneggiatori, risultando come location in libri, film o serie tv.
Risaliti in jeep e raggiunta la zona di confine tra Ngorongoro e Serengeti National Park, una volta entrati in quest’ultimo abbiamo subito ricominciato a vedere animali stupendi, su tutti una coppia affamata di ghepardi, e poi ancora leoni, elefanti, ippopotami, iene, giraffe, scimmie, uccelli e tantissimi esemplari di antilope, zebra e gnù.

All’ora del tramonto siamo giunti presso la struttura di Hippo Trails, dove ci siamo accomodati nel nostro incredibile lodge tendato. Incredibile perché ci trovavamo in un posto unico al mondo, a contatto con una natura selvaggia come mai ci era forse capitato.
Dopo l’accoglienza in cui ci è stato offerto il classico succo all’ibisco e avere lasciato i bagagli in camera, abbiamo cenato con Pius, degustando una zuppa di verdure, un po’ di agnello, patate, pesce fritto, salsa di pomodoro con piselli e, come dessert, un crumble alle mele con salsa di cannella.

Infine nanna, durante cui abbiamo sentito il ruggito del leone ma, in confronto alla notte seguente, i re della savana erano piuttosto tranquilli.
Serengeti centrale game drive (giorno 4)
Ancora emozionati dalle continue sorprese dei giorni precedenti, ci siamo svegliati verso le 7, dirigendoci quasi subito verso la tenda delle colazioni. Qui io ho preso tè, frutta e toast con burro e marmellata alle fragole, Anna idem ma il caffelatte al posto del tè, mentre Pius succo e cibo salato a base di salsicce e verdure.

Durante il game drive nel Serengeti centrale abbiamo scorto molti meno animali rispetto al giorno prima, ma siamo rimasti egualmente affascinati da un panorama estremante particolare e vario.
Per alcuni tratti non abbiamo incontrato nessuno, circondati solo da alberi di acacie e terra, nessun rumore tranne il soffio del vento. Abbiamo così compreso perché i Masai abbiano chiamato il Serengeti con questo nome, che significa “terra senza fine“. Tra le novità, ci ha colpito lo stranissimo Kigelia, meglio conosciuto come “Sausage Tree”, l’albero delle salsicce, i cui frutti assomigliano proprio a queste ultime.

Come prima tappa ci siamo fermati presso una palude definita “Hippo Pool” per la grande quantità di ippopotami, ne abbiamo contati più di cinquanta!
In più abbiamo finalmente visto un coccodrillo, unico animale fino a quel momento a non essersi mostrato assieme al rinoceronte (quest’ultimo rimarrà tale fino alla fine), all’interno di uno stagno.

Quindi un’aquila, un airone, numerosi uccellini variopinti, elefanti, giraffe, antilopi, leggiadri struzzi degni di “Fantasia” e leoni. A proposito di questi ultimi, abbiamo incrociato due leonesse, in momenti diversi, dedite alla caccia. Nel primo caso, la leonessa, seguita a debita distanza dai suoi due cuccioli, stava cercando di acchiappare un antilope, mentre nel secondo stava alle calcagna di alcune gazzelle. Entrambe le volte ci siamo fermati per diversi minuti senza però vedere l’attacco conclusivo.
Abbiamo poi scorto due ghepardi in lontananza, nonché un leopardo appollaiato tra i rami di un albero. Dopo pranzo, ci siamo diretti verso il Centro Visitatori del Serengeti, dove abbiamo percorso il breve giro tra le rocce e letto i cartelli dedicati ad alcune personalità, tra cui il primo presidente tanzaniano Julius Nyerere e il dottor Bernhard Grzimek.

Quest’ultimo, direttore dello zoo di Francoforte, aiutò la popolazione locale a realizzare l’area di conservazione del Ngorongoro e nel 1959 girò “Serengeti non morirà“, vincitore del premio Oscar 1960 come miglior documentario.
Dopo il riposo pomeridiano e prima di cena, siamo usciti a chiudere le tende e… nella radura davanti al lodge c’erano due dik-dik (piccole antilopi del genere Madoqua) e tre elefanti, di cui un cucciolo.

Mentre Anna ha dormito come una bimba, io ho avuto qualche difficoltà in più a causa del forte vento che faceva sbattere le tende esterne e, soprattutto, dei potenti ruggiti dei leoni nei dintorni.
Uscita dal Serengeti e ritorno a Karatu (giorno 5)
Colazione verso le 7 e partenza verso le 7.30 dall’Hippo Trails… così è cominciata la nostra ultima giornata di safari. Le ultime ore nel Serengeti ci hanno regalato incontri molto ravvicinati (ma sempre, ovviamente, in assoluta sicurezza) con diversi leoni, oltre a una dolcissima baby giraffa.

Abbiamo poi pranzato nell’ultima area di sosta prima dell’uscita dal parco, prima di rientrare nel Ngorongoro (stavolta però niente cratere). Finora la fortuna ci aveva assistiti in pieno, al contrario di molte altre jeep.
Qui, però, abbiamo subito un danno alla cinghia ma fortunatamente eravamo nei pressi di un villaggio Masai, dove un meccanico ha aiutato Pius nella riparazione. Tra una peripezia e l’altra, alla fine siamo riusciti a ripartire definitivamente, fermandoci in seguito presso un punto panoramico ad apprezzare dall’alto il meraviglioso cratere del Ngorongoro.
Un elefante immerso nella natura a bordo strada è stato l’ultimo animale da noi ammirato prima di terminare questa incredibile avventura. Percorrendo la strada sterrata tra il parco e il nostro alloggio per la notte, a un certo punto eravamo convinti di scorgere uno specchio d’acqua in lontananza. Abbiamo quindi interrogato la nostra guida, ma ci ha spiegato che si trattava di un miraggio!

Abbiamo poi raggiunto il Marera Valley Lodge, preparandoci a vivere l’esperienza nel villaggio Masai di Olpopongi durante la giornata seguente.
Karatu, Arusha e arrivo al villaggio Olpopongi (giorno 6)
Terminata la colazione e lasciato il Marera, Pius ci ha accompagnato alla banca più vicina per prelevare i dollari di cui avremmo avuto bisogno a Zanzibar. Ci siamo quindi diretti ad Arusha, facendo prima la pausa pranzo e poi visitando un po’ la città con una guida d’eccezione.
Pius è infatti originario di quelle zone e, attualmente, vive in un villaggio collinare a circa 7 km dal capoluogo dell’omonima regione. Subito abbiamo visto la “Clock Tower“, una costruzione che simboleggia il fatto che Arusha si trovi alla stessa distanza sia da Il Cairo in Egitto sia da Città del Capo in Sudafrica, risultando quindi al centro del continente africano.

Sempre in pieno centro siamo anche passati davanti alla “Uhuru Torch” (Torch of Freedom), simboleggiante l’indipendenza della Tanzania dal giogo delle potenze coloniali.
Ripartiti da Arusha, in circa due ore abbiamo raggiunto l’Olpopongi Maasai Cultural Village, il villaggio masai che ci avrebbe ospitato per una notte. Qui siamo stati accolti dai canti di benvenuto degli abitanti, appartenenti alla tribù locale.

I due capi tribù, in un ottimo inglese, ci hanno introdotto ad alcune loro usanze. Ci hanno poi offerto un bicchiere di succo e una fetta di torta alla cannella, prima di mostrarci la nostra capanna e farci fare un giro del villaggio e della zona circostante.
Il villaggio si chiama Olpopongi in onore di un tipico albero locale che i masai considerano sacro, sotto cui sedersi e rivolgere le proprie preghiere. È composto da 9 capanne, a ognuna delle quali è stato dato il nome di un animale in lingua swahili, la nostra si chiamava kifaru, cioè rinoceronte. Hanno preferito utilizzare i nomi in swahili anziché in lingua masai perché, ci ha spiegato il capo tribù, le pronunce swahili sono più semplici.

La capanna, costruita con terra e sterco di elefante essiccato e ricoperta da un tetto di paglia, era composta da un piccolo ingresso e due stanze in cui dormire. I bagni, costruiti apposta per i turisti, erano all’esterno in un’altra capanna.
Dopo esserci sistemati, abbiamo fatto il giro della zona circostante e visto da lontano sia il Monte Meru sia il Kilimangiaro con la cima innevata. Abbiamo poi visitato il villaggio limitrofo dove, avvicinandosi l’ora del tramonto, il bestiame stava rientrando dal pascolo e veniva condotto all’interno del recinto al centro delle capanne.
Le caprette dovevano essere munte prima di lasciare spazio ai cuccioli, così anche noi abbiamo potuto sperimentare l’emozione di provare a mungerne una per la prima volta nella nostra vita! Una signora ci ha poi accolto all’interno della sua capanna, dove aveva acceso il fuoco in attesa del marito. Ci siamo presentati e lei ci ha raccontato di avere sette figli e una ventina di nipoti.

Al rientro al nostro villaggio, avevano acceso un grande falò e tutti ci siamo seduti lì intorno in attesa della cena. Abbiamo conosciuto Tereza, una studentessa universitaria di Praga che stava trascorrendo un periodo con i masai per motivi di studio e ricerca, cenando con lei e Pius.
La cena preparata dal cuoco era composta principalmente da carne alla griglia, accompagnata da riso, verdure e un buonissimo pane cotto al forno. In nostro onore, aveva preparato anche una specie di pizza!

Dopo mangiato, siamo usciti dal villaggio nel buio notturno e abbiamo potuto ammirare il cielo più splendente di stelle che avessimo mai visto. Quindi abbiamo concluso la serata bevendo una birra davanti al fuoco, prima di rientrare nella capanna.
Camminata con i Masai e transfer per l’aeroporto (giorno 7)
Ci siamo svegliati alle 7 per fare colazione e prepararci alla passeggiata insieme ai masai, un popolo nomade e quindi abituato a lunghe camminate nella savana. Ci hanno accompagnato i due capi, un guerriero e Tereza.

Durante il tragitto hanno condiviso con noi molte conoscenze sulle piante presenti in quella terra e i loro utilizzi sia a scopo alimentare sia curativo o per la costruzione di utensili. Per esempio, abbiamo sperimentato l’utilizzo di un rametto staccato da una pianta come spazzolino da denti.
Abbiamo inoltre provato a tirare il loro bastone e la loro lancia, con risultati non molto incoraggianti! In tutto la camminata è durata circa quattro ore, durante cui abbiamo potuto apprezzare bellissimi paesaggi, composti principalmente da spazi aperti che sembravano sconfinati, sovrastati dal cielo azzurro e attraversati da giraffe, zebre, antilopi e gazzelle.
Al rientro, abbiamo condiviso un ottimo pranzo di Ferragosto assaggiando piatti tipici come l’ugali, una sorta di polenta bianca a base di mais, e il chapati, pane arrotolato con all’interno pollo e verdure. Dopo un po’ di riposo, ci siamo ritrovati al museo masai con uno dei due leader, grazie al quale abbiamo imparato numerose nozioni su cultura, storia e tradizioni locali.

Sapevate, per esempio, che in origine i Masai erano stanziati in Egitto e che hanno raggiunto Kenya e Tanzania dopo secoli di nomadismo lungo il corso del Nilo? Divenuti in seguito semi-nomadi, non si sono più dedicati solo alla pastorizia, ma anche all’agricoltura. Tutt’oggi questo popolo vive in modo tradizionale, a contatto con la natura, da cui riesce a trarre quasi tutto ciò di cui ha bisogno.
Abbiamo poi avuto il piacere di conoscere la donna più anziana del villaggio, rispettata e venerata da tutti… ci è stato detto che ha 107 anni (secondo noi potrebbe in realtà averne avuti 85/90)!
Nella sua capanna ci ha offerto una profumatissima tazza di tè speziato e ha cantato per noi la canzone che le donne masai cantano alle mucche e alle capre mentre le mungono, per farle stare tranquille ed evitare che scalcino. Infine i guerrieri ci hanno mostrato la loro tecnica per accendere il fuoco con il legno e lo sterco secco di elefante.

A questo punto abbiamo salutato tutti e lasciato il villaggio Olpopongi. Pius ci ha accompagnato all’aeroporto del Kilimangiaro ed è giunto quindi il momento di salutare anche lui. Poi, con mille traversie e ritardi, siamo riusciti a imbarcarci verso Zanzibar.
Conclusioni
L’esperienza del safari è stata davvero unica e la Tanzania ci ha regalato la possibilità di vedere un numero incredibile di animali mai ammirati fino a quel momento. In più, l’organizzazione perfetta da parte di Kipepeo Experience e un’ottima guida quale Pius hanno valorizzato ancora meglio questa splendida avventura.

Da parte nostra, vi consigliamo dunque di fare un safari almeno una volta nella vostra vita e la Tanzania potrebbe essere proprio la meta perfetta per voi, che sia un viaggio “normale”, una luna di miele, che siate soli, in due, in famiglia o in gruppo.
E ora via con il prossimo viaggio! A chi fosse interessata/o, consigliamo di leggere l’articolo di Riccardo sul suo viaggio in Medio Oriente, alla scoperta di Israele, Palestina e Giordania. Per maggiori info sul safari in Tanzania, vi consigliamo invece di leggere la guida scritta da Giulia Raciti sul sito viaggiare-low-cost.it: “Safari in Tanzania: tutto quello che devi sapere per organizzare il safari perfetto“.

Anna Marchesi & Riccardo Tempo